Le piccole, evidenti, lampanti verità che non si devono dire!
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Le piccole, evidenti, lampanti verità che non si devono dire!
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Le piccole, evidenti, lampanti verità che non si devono dire!
George Orwell, nel suo capolavoro 1984 (1948), un vero antidoto ai totalitarismi e alle loro menzogne, scriveva che la libertà è poter affermare che 2+2 fa 4 e non 5. Vale a dire non dover negare l’evidenza. Da qui consegue tutto il resto.
Purtroppo sembra che oggi, in Occidente, manchi proprio la possibilità di asserire ciò che è sotto gli occhi di tutti. Impera un potere laido, iniquo, soverchiante, che falsifica tutto. A breve, pure dichiarare che i capelli stanno in testa e le dita sono cinque potrebbe essere messo in discussione. E tenteranno di farci credere che i capelli si trovano chissà dove e che le dita sono quattro, quante quelle di certi personaggi dei cartoon. Ecco tre esempi che si sono succeduti nell’arco di pochi giorni. Uno, 12 maggio 2017. Debora Serracchiani, governatrice del Friuli ed ex vicesegretario del Partito democratico, afferma che «la violenza sessuale è un atto odioso e schifoso sempre, ma più inaccettabile quando è compiuto da chi chiede e ottiene accoglienza». Il riferimento è allo stupro commesso a Trieste da un cittadino iracheno che ha chiesto asilo all’Italia.
Una banalità. Se in casa nostra viene a rubare uno sconosciuto, la rabbia è tanta; ma lo è ancora di più se chi deruba è stato accolto generosamente perché ci ha chiesto aiuto in quanto bisognoso. Ma sono argomentazioni umane, troppo umane, quindi proibite. Sulla povera Serracchiani si scatena l’inferno. L’accusa alla malcapitata è quella che non si devono fare differenze tra stupro e stupro: tutte le violenze sessuali sono uguali. Il resto è razzismo! Due, 15 maggio 2017. Un indiano sikh voleva andare in giro per l’Italia con un pugnale di 20 centimetri, in quanto simbolo religioso.
La questione arriva alla Corte di Cassazione, la quale stabilisce che i migranti devono armonizzarsi coi nostri valori: «È essenziale l’obbligo per l’immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale, in cui ha liberamente scelto di inserirsi, e di verificare preventivamente la compatibilità dei propri comportamenti con i principi che la regolano e quindi della liceità di essi in relazione all’ordinamento giuridico che la disciplina». Il verdetto della suprema corte aggiunge che «la decisione di stabilirsi in una società in cui è noto, e si ha la consapevolezza, che i valori di riferimento sono diversi da quella di provenienza, ne impone il rispetto». Nostra riflessione: c’è voluto il massimo organo giudiziario per ribadire un principio ovvio di ogni stato di diritto (vedi Niente pugnale sacro in pubblico, la giusta sentenza della Cassazione, in micromega.net). Cioè per riaffermare quei logici princìpi che la politica buonista non ha il coraggio di difendere.
Tre, 18 maggio 2017. Si rischia la solita tragedia dovuta al fanatismo islamico. Stazione Centrale di Milano, italo-tunisino accoltella agente e due militari. Si tratta di Ismail Tommaso Ben Youssef Hosni, 20 anni, musulmano forse aspirante seguace dell’Isis, che di italiano ha solo il luogo di nascita, in quanto sembra che il padre l’avesse condotto da piccolo in Tunisia, che il giovane parlasse arabo e fosse tornato in Italia da emarginato: un profilo simile a quello degli stragisti di Francia, Belgio, ecc. (al riguardo si veda la nostra recensione, in questo numero di LucidaMente, del chiaro saggio Oltre il terrorismo del generale Mario Mori: Estremismo islamico, come combatterlo). Eppure, il sindaco di Milano Giuseppe Sala, detto Beppe, in vista della manifestazione meneghina di sabato 20 In marcia contro i muri, promossa dal suo Comune (e, in particolare, dall’assessore Pierfrancesco Majorino), le spara grosse.
Ecco le sue dichiarazioni, testuali testuali: «Il criminale che ha accoltellato gli uomini delle forze dell’ordine è figlio di madre italiana e di padre nordafricano ed è italiano a tutti gli effetti. Ciononostante a qualcuno fa comodo buttare questo atto criminoso sul conto dei migranti». Un mix di concetti confusi e contraddittori. È «italiano a tutti gli effetti» uno che ha vissuto quasi interamente fuori dalla nostra penisola e che nulla condivide della nostra civiltà? Non c’entra alcunché la migrazione, visto che suo padre era tunisino e lui è una sorta di “re-immigrato”? Non c’entrano nulla culture religiose intolleranti, violente, vittimiste, che trasudano rancore e odio? Che dietro il favoloso mondo di Sala vi siano, insieme, utopie roussoviane, tanta ideologia, la volontà di affossare cultura e umanità italiane, europee, occidentali, tanta ipocrisia, e tanti interessi, lo dimostra l’ultimo caso giudiziario riguardate il business migranti, profughi o presunti tali.
La nostra rivista se n’è occupata ospitando le esternazioni di Franco Maccari, segretario del sindacato di polizia Coisp: «Lo scandalo del Cara di Crotone? I poliziotti lo denunciano da anni». Povera Italia, verrebbe da dire, se non fosse un refrain ormai troppo ripetuto. Occorrrebbe allora rileggere il penultimo libro di una celebre antropologa romana e le sue speranze per un «Nuovo Risorgimento. Breve itinerario di un sogno ad occhi aperti» (Ida Magli, a un anno dalla morte. 3: Difendere l’Italia). E arrivare a superare tante divisioni ideologiche e ignoranza storica, come ha proposto Giuseppe Licandro nel suo approfondimento La Liberazione è di tutti, non solo delle sinistre.
A maggio, oltre alla strage di Capaci (23 maggio 1992), con la morte di Giovanni Falcone, ricorrono altre tristi date. Il 17 maggio 1972 veniva assassinato il commissario Luigi Calabresi. Ce lo ha ricordato Gabriele Bonfiglioli in Anni di piombo e omicidio Calabresi, “Fine pena mai”. Ma solo per i parenti delle vittime. Mentre Ludovica Merletti ci ricorda Marco Pannella, il profeta laico della politica italiana, un anno dopo la sua scomparsa, avvenuta il 19 maggio 2016. E proprio il 19 maggio è uscito il nostro supplemento LMMAGAZINE 30, anche per dar spazio ad argomenti meno “seri”. Recensioni di libri, dischi e film, il parere dell’esperta Clizia Cacciamani in occasione del 139° Meeting annuale organizzato dall’Inta a Barcellona dal 20 al 24 maggio 2017 (Marchi e brevetti, perché inventare fa bene al cervello) e tanti articoli più o meno “leggeri” (La moda italiana torna ai vertici mondiali; Gioielli e fashion: i marchi del Made in Italy) e “pratici” (Estate 2017: in vacanza al mare ma risparmiando; Capsule wardrobe: la nuova tendenza dei viaggiatori seriali; Italia, il Bungee Jumping torna di moda: dove farlo?; Il trasloco senza stress: guida al cambio di casa). E ancora, ancora altro, che non riusciamo a segnalare…
Rino Tripodi
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Le piccole, evidenti, lampanti verità che non si devono dire!
George Orwell, nel suo capolavoro 1984 (1948), un vero antidoto ai totalitarismi e alle loro menzogne, scriveva che la libertà è poter affermare che 2+2 fa 4 e non 5. Vale a dire non dover negare l’evidenza. Da qui consegue tutto il resto.
Purtroppo sembra che oggi, in Occidente, manchi proprio la possibilità di asserire ciò che è sotto gli occhi di tutti. Impera un potere laido, iniquo, soverchiante, che falsifica tutto. A breve, pure dichiarare che i capelli stanno in testa e le dita sono cinque potrebbe essere messo in discussione. E tenteranno di farci credere che i capelli si trovano chissà dove e che le dita sono quattro, quante quelle di certi personaggi dei cartoon. Ecco tre esempi che si sono succeduti nell’arco di pochi giorni. Uno, 12 maggio 2017. Debora Serracchiani, governatrice del Friuli ed ex vicesegretario del Partito democratico, afferma che «la violenza sessuale è un atto odioso e schifoso sempre, ma più inaccettabile quando è compiuto da chi chiede e ottiene accoglienza». Il riferimento è allo stupro commesso a Trieste da un cittadino iracheno che ha chiesto asilo all’Italia.
Una banalità. Se in casa nostra viene a rubare uno sconosciuto, la rabbia è tanta; ma lo è ancora di più se chi deruba è stato accolto generosamente perché ci ha chiesto aiuto in quanto bisognoso. Ma sono argomentazioni umane, troppo umane, quindi proibite. Sulla povera Serracchiani si scatena l’inferno. L’accusa alla malcapitata è quella che non si devono fare differenze tra stupro e stupro: tutte le violenze sessuali sono uguali. Il resto è razzismo! Due, 15 maggio 2017. Un indiano sikh voleva andare in giro per l’Italia con un pugnale di 20 centimetri, in quanto simbolo religioso.
La questione arriva alla Corte di Cassazione, la quale stabilisce che i migranti devono armonizzarsi coi nostri valori: «È essenziale l’obbligo per l’immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale, in cui ha liberamente scelto di inserirsi, e di verificare preventivamente la compatibilità dei propri comportamenti con i principi che la regolano e quindi della liceità di essi in relazione all’ordinamento giuridico che la disciplina». Il verdetto della suprema corte aggiunge che «la decisione di stabilirsi in una società in cui è noto, e si ha la consapevolezza, che i valori di riferimento sono diversi da quella di provenienza, ne impone il rispetto». Nostra riflessione: c’è voluto il massimo organo giudiziario per ribadire un principio ovvio di ogni stato di diritto (vedi Niente pugnale sacro in pubblico, la giusta sentenza della Cassazione, in micromega.net). Cioè per riaffermare quei logici princìpi che la politica buonista non ha il coraggio di difendere.
Tre, 18 maggio 2017. Si rischia la solita tragedia dovuta al fanatismo islamico. Stazione Centrale di Milano, italo-tunisino accoltella agente e due militari. Si tratta di Ismail Tommaso Ben Youssef Hosni, 20 anni, musulmano forse aspirante seguace dell’Isis, che di italiano ha solo il luogo di nascita, in quanto sembra che il padre l’avesse condotto da piccolo in Tunisia, che il giovane parlasse arabo e fosse tornato in Italia da emarginato: un profilo simile a quello degli stragisti di Francia, Belgio, ecc. (al riguardo si veda la nostra recensione, in questo numero di LucidaMente, del chiaro saggio Oltre il terrorismo del generale Mario Mori: Estremismo islamico, come combatterlo). Eppure, il sindaco di Milano Giuseppe Sala, detto Beppe, in vista della manifestazione meneghina di sabato 20 In marcia contro i muri, promossa dal suo Comune (e, in particolare, dall’assessore Pierfrancesco Majorino), le spara grosse.
Ecco le sue dichiarazioni, testuali testuali: «Il criminale che ha accoltellato gli uomini delle forze dell’ordine è figlio di madre italiana e di padre nordafricano ed è italiano a tutti gli effetti. Ciononostante a qualcuno fa comodo buttare questo atto criminoso sul conto dei migranti». Un mix di concetti confusi e contraddittori. È «italiano a tutti gli effetti» uno che ha vissuto quasi interamente fuori dalla nostra penisola e che nulla condivide della nostra civiltà? Non c’entra alcunché la migrazione, visto che suo padre era tunisino e lui è una sorta di “re-immigrato”? Non c’entrano nulla culture religiose intolleranti, violente, vittimiste, che trasudano rancore e odio? Che dietro il favoloso mondo di Sala vi siano, insieme, utopie roussoviane, tanta ideologia, la volontà di affossare cultura e umanità italiane, europee, occidentali, tanta ipocrisia, e tanti interessi, lo dimostra l’ultimo caso giudiziario riguardate il business migranti, profughi o presunti tali.
La nostra rivista se n’è occupata ospitando le esternazioni di Franco Maccari, segretario del sindacato di polizia Coisp: «Lo scandalo del Cara di Crotone? I poliziotti lo denunciano da anni». Povera Italia, verrebbe da dire, se non fosse un refrain ormai troppo ripetuto. Occorrrebbe allora rileggere il penultimo libro di una celebre antropologa romana e le sue speranze per un «Nuovo Risorgimento. Breve itinerario di un sogno ad occhi aperti» (Ida Magli, a un anno dalla morte. 3: Difendere l’Italia). E arrivare a superare tante divisioni ideologiche e ignoranza storica, come ha proposto Giuseppe Licandro nel suo approfondimento La Liberazione è di tutti, non solo delle sinistre.
A maggio, oltre alla strage di Capaci (23 maggio 1992), con la morte di Giovanni Falcone, ricorrono altre tristi date. Il 17 maggio 1972 veniva assassinato il commissario Luigi Calabresi. Ce lo ha ricordato Gabriele Bonfiglioli in Anni di piombo e omicidio Calabresi, “Fine pena mai”. Ma solo per i parenti delle vittime. Mentre Ludovica Merletti ci ricorda Marco Pannella, il profeta laico della politica italiana, un anno dopo la sua scomparsa, avvenuta il 19 maggio 2016. E proprio il 19 maggio è uscito il nostro supplemento LMMAGAZINE 30, anche per dar spazio ad argomenti meno “seri”. Recensioni di libri, dischi e film, il parere dell’esperta Clizia Cacciamani in occasione del 139° Meeting annuale organizzato dall’Inta a Barcellona dal 20 al 24 maggio 2017 (Marchi e brevetti, perché inventare fa bene al cervello) e tanti articoli più o meno “leggeri” (La moda italiana torna ai vertici mondiali; Gioielli e fashion: i marchi del Made in Italy) e “pratici” (Estate 2017: in vacanza al mare ma risparmiando; Capsule wardrobe: la nuova tendenza dei viaggiatori seriali; Italia, il Bungee Jumping torna di moda: dove farlo?; Il trasloco senza stress: guida al cambio di casa). E ancora, ancora altro, che non riusciamo a segnalare…
Rino Tripodi
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