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Messaggio  Corrispondenti 26.05.17 2:46

L'Amico L. segnala una minaccia per il mondo.
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Un pericolo incombente.

Estremismo islamico, come combatterlo

Il saggio “Oltre il terrorismo” di Mario Mori traccia un chiaro quadro sia del contesto storico e geopolitico delle aree nelle quali nel corso del tempo si sono sviluppati i fondamentalismi musulmani e le loro organizzazioni terroristiche, sia di queste ultime. E propone varie soluzioni per contrastarle, a cominciare dall’azione contro chi diffonde il radicalismo e lo finanzia

Forse il miglior approccio per affrontare il terrorismo islamico è quello “laico” in senso lato. Ovvero, non ideologico, ma pragmatico. E quale ha queste peculiarità, se non il criterio militare e di intelligence? Pertanto, è tutta da leggere una pubblicazione al riguardo scritta da un ex generale. E che generale!

Già prefetto della Repubblica, capo del Sisde (servizio segreto italiano, dal 2007 sostituito dall’Aisi), fondatore dei Ros (reparto speciale dei carabinieri)… E, aspetto non secondario, cresciuto nei nuclei speciali antiterrorismo di Carlo Alberto Dalla Chiesa. Stiamo introducendo la figura di Mario Mori, autore del recente Oltre il terrorismo. Soluzioni alla minaccia del secolo (G-Risk – Security & Intelligence Services, pp. 256, € 19,90). Un libro ricchissimo di informazioni chiare e obiettive, un quadro della realtà equilibrato, né “islamofobo” né “islamofilo”, né xenofobo né buonista. Una lucida sintesi, peraltro accompagnata pure da analisi e approfondimenti, organizzati come una sorta di link facilmente consultabili. Il lavoro parte dalle varie tipologie di terrorismo e dalle origini del fondamentalismo musulmano, che, come si sa, risale al salafismo (VII-VIII secolo, praticamente da quando è nato l’islam) per svilupparsi o rinascere storicamente ed estremizzarsi col wahhabismo (Arabia, da Muḥammad ibn ʿAbd al-Wahhāb, 1703-1792) e con la Fratellanza musulmana (Egitto, 1928).

La seconda parte dello scritto di Mori è dedicata al conflitto arabo-israeliano. Si traccia un profilo storico che va dall’Accordo sull’Asia minore (più noto come Sykes-Picot, 1915-16) e dalla Dichiarazione Balfour (1917), favorevole alla costituzione di un «focolare nazionale del popolo ebraico», al crescente insediamento degli ebrei in Palestina e alla nascita di Israele (1948), alle guerre successive e alle tre Intifada. Si analizzano quindi le organizzazioni terroristiche anti israeliane, dalle prime, fazioni estreme dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp, leader il celebre Yasser Arafat), alle più recenti, quali la sciita Hezbollah (Libano, 1982) e la palestinese Hamas (componente dei fratelli musulmani, Gaza, 1987). L’attuale instabile e bellicoso scenario mediorientale induce al pessimismo sulla possibilità di una soluzione della questione palestinese.

Gruppi terroristici più tristemente famosi, pericolosi e spietati, al Qaeda e Isis, con le loro ramificazioni in Africa e in Asia, oltre che nel Medio Oriente, sono analizzati nelle pagine successive. Mori delinea altresì le differenze ideologiche, tattiche e strategiche, nonché i contrasti tra le due organizzazioni criminali. In particolare, analizza il profilo sociopsicologico degli uomini (e delle donne) foreign fighters del sedicente stato islamico. Essi «non presentano patologie psicologiche precise né disordini mentali, e le motivazioni […] non possono essere ridotte semplicisticamente alla povertà e all’emarginazione», quanto, piuttosto, tra l’altro, all’«odio per i valori occidentali». La parte centrale di Oltre il terrorismo è dedicata ai «Leader del jihad»: quasi cinquanta pagine patinate e illustrate, contenenti le biografie e le cruente imprese di decine di capofila del terrore.

L’ultima parte del lavoro di Mori («Proposte per il contrasto del fenomeno») guarda al futuro, alle decisioni da assumere per difenderci. Innanzi tutto l’autore afferma che è necessario dire la verità all’opinione pubblica: siamo in guerra. E sarà «una guerra di lunga durata: di bassa intensità e asimmetrica in Medio Oriente, di tipo terroristico in Occidente». Quindi mette a confronto l’approccio americano, più strategico, cioè di lungo periodo, con quello europeo, più legato alle contingenze.

E l’Italia, in particolare? Da un lato «la posizione italiana si differenzia da quella della maggioranza delle altre nazioni ed è tale che in prospettiva la rende isolata sia per quanto attiene al problema dell’immigrazione sia per il contrasto al terrorismo. La nostra tradizionale politica di accoglienza è accusata dai partner europei di costituire un misto di umanitarismo, condizionato dall’acquiescenza agli indirizzi generali della Chiesa cattolica, e di furbizia». Dall’altro lato, proprio la nostra tradizionale modalità meno aggressiva e invadente di relazionarci in politica estera e la collocazione mediterranea potrebbe essere un’opportunità da cogliere. Da un altro lato ancora, il piano interno, l’approccio italiano al terrorismo è risultato efficace. Siamo dotati di una normativa specifica (Testo unico delle Leggi sull’immigrazione), che integra l’azione preventiva (ad esempio le espulsioni dirette) a quella repressiva.

Altri fattori che, al momento, hanno forse evitato azioni terroristiche clamorose sul nostro territorio sono: una storia coloniale molto modesta rispetto ad altre nazioni, che già molto tempo prima «hanno accolto sul loro territorio significative minoranze provenienti da precedenti possedimenti»; «una politica restrittiva della cittadinanza»; una realtà urbana costituita da centri medio-piccoli che impediscono la grande concentrazione di immigrati in “quartieri-ghetto”; forze di polizia già preparate a contrastare antecedenti fenomeni di terrorismo politico, nonché organizzazioni di tipo mafioso.

Per il futuro, però, sarà necessario disporre di magistrati specializzati, potenziare e perfezionare ulteriormente i reparti speciali di Polizia e Arma dei Carabinieri. E, forse la strategia più importante: rafforzare e unificare gli organismi di intelligence (servizi segreti: Aisi, Aise, Dis); coordinare gli apparati di sicurezza; integrare le risorse umane con quelle tecnologiche, in particolare informatiche e telematiche. Le comunità islamiche immigrate devono impegnarsi davvero ad attivarsi contro l’estremismo radicale jihadista. In primis, rifiutando ufficialmente salafismo e wahabismo, e individuando e denunciando i sospetti. Occorre sapere da dove provengono le sovvenzioni estere a moschee, musallah e sedicenti centri culturali islamici. Più di quelli provenienti da stati o da enti pubblici, il cui iter è abbastanza rintracciabile, è importante che si risalga ai finanziamenti dei singoli, spesso anonimi. Gli imam si devono formare nel paese di ospitalità. I foreign fighters di ritorno in Europa vanno respinti se privi di cittadinanza europea, altrimenti detenuti e concentrati in realtà ben definite, con percorsi di deradicalizzazione.

Pur con qualche ripetizione, la pubblicazione del generale Mori è ricchissima di informazioni, numeri, nomi, date, cifre, oltre che di analisi tecniche, militari e strategiche. Quello che colpisce nel quadro delineato è la frenetica mutevolezza, fatta anche di alleanze, rotture, scontri e ridenominazione dei vari gruppi terroristi islamici odierni; e dei loro stessi leader, conosciuti con i vari nomi originari e poi con quelli di battaglia o di radicalizzazione. Si ha l’impressione di un magma confuso e irrazionale quanto violento e pericoloso. Afferma Mori: «In estrema sintesi, ciò a cui stiamo assistendo non è un attacco diretto all’Occidente, bensì gli effetti collaterali di una guerra civile in corso e tutta interna al mondo islamico i cui esiti, certamente lontani dalla soluzione, sono allo stato dell’arte ancora tutti da decifrare».

Che fare?: «Da una parte, sconfiggere le milizie jihadiste e fronteggiare inaridendola la penetrazione wahhabita tra i musulmani d’Occidente; dall’altra, isolare e mettere all’angolo i paesi che finanziano». Tuttavia, se è vero che il terrorismo islamico è solo un riflesso del contrasto politico-religioso tra le due confessioni predominanti, quella sunnita e quella sciita, lo stesso Mori afferma che l’islam sta attuando in Occidente un «innesto progressivo ma indolore, attraverso l’immigrazione e la costituzione di proprie aggregazioni sempre più consistenti, che nel lungo periodo dovrebbero realizzare una parziale islamizzazione dell’Europa». Tra i pregi principali di Oltre il terrorismo vi è il fatto che è ben scritto, con uno stile netto e perspicuo, con una grafica valida e utili note esplicative poste a fondo pagina in modo che siano di agevole leggibilità. In questi tempi, quasi una rarità editoriale.

Rino Tripodi


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